MINIMAL IS NOT MINIMAL - T.O.E. Art Market
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“MINIMAL IS NOT MINIMAL” curated by Francesca Calzà
MINIMAL IS NOT MINIMAL
Reinterpretare la concezione storicizzata di arte, estetica e percezione è stato lo scopo dell’arte minimale che rifiuta l’uso della rappresentazione e della narrazione tradizionale a favore della sintesi. Non bisogna banalizzare declinando questa corrente come un tripudio fine a sé stesso dell’austerità, delle forme basilari, dei materiali industriali e delle tonalità neutre, bensì apprezzare le sue qualità intrinseche e la sua abilità nel semplificare togliendo ciò che non è essenziale, perché il necessario possa parlare. Cogliamo il senso del minimalismo nel paradosso di praticare la ricerca della massima espressione tramite la minima forma ponendo enfasi sulla percezione e sull'interazione fisica con l'opera d’arte. Non si tratta più di interpretare un significato nascosto, celato all’osservatore, o di decifrare simboli complessi, ma di confrontarsi con l'oggetto artistico nel suo essere. Pensiero che si rivela nell’esperienza diretta e immediata, nell’essenza di un soggetto. “Minimal is not Minimal” intende costruire un’indagine estetica che si spinga oltre alla severità, al rigore, della corrente minimalista tramite una serie di opere scaturite da intense riflessioni e approfondimenti, che attraverso un processo di sintesi sono state raccolte in riassunti visuali dalla grande portata concettuale. Questa collezione parte sfatando un mito legato alla minimal art: l’assoluta dominanza del bianco. Apre la selezione Stefano Accorsi con “Paesaggio Mentale”, che usufruisce di soli quattro colori per restituire l’incredibile miscuglio di emozioni e calore provato di fronte al tramonto, a cui segue “Inner sea n.2” di Cristina Sammarco che con un’operazione analoga punta sui contrasti cromatici per presentare l’alba all'osservatore immediatamente rasserenato dall’armonia dei toni scelti. Similmente Marilina Marchica affida ad unico colore, il giallo, il compito di evocare un paesaggio indefinito, desertico, composto da onde sabbiose o dune scosse dal vento, ed ottenuto grazie all’ossidazione della carta. Gioca con il colore anche Mayoor reinterpretando un soggetto capillare della storia dell’arte, l’icona, ridotto ai minimi termini nel suo valore simbolico. Altrettanto ironica è “Yellow?” di GC Light Italia, il quale interroga lo spettatore sulla consapevolezza delle proprie percezioni, proponendo un accostamento dissonante tra la parola yellow e la raffigurazione monocroma dell’opera completamente blu. Sulla stessa linea di pensiero si muovono le opere “Found Home”, “Way Home” e “Plants and Minerals #8” di Gaetano Frigo che utilizzano una serie di rombi, quadrilaterali legati alla sezione aurea, per ingannare lo sguardo del pubblico illusoriamente convinto di osservare un prisma tridimensionale grazie al sapiente uso della luce che colpisce ogni forma differentemente. Sul fronte opposto Anna Linda Knoll ritrae forme architettoniche e ornamenti lineari che nella loro estrema semplicità restituiscono lo stile delle strutture esemplificandone il carattere. Tendenza che riscontriamo anche nel fotografo Paolo Calzà, connotato da uno stile pulito, spesso monocromo, che riesce a cogliere l’idea di movimento lavorando sul concetto di linea che riflette adottando un moto curvilineo, ascendente o discendente emozioni diverse. Un’altra dimensione critica dell’arte minimale è il suo approccio al consumo, alla materiale industriale, spesso usufruendo di produzioni standardizzate, rivolgiamo quindi lo sguardo a “Io peso”, scultura di Pia, che racchiude la paura di pesare sull’altro con le proprie emozioni trasmessa attraverso il peso reale di un materiale come il piombo divenuto metafora del concetto di pesantezza e punto d’incontro tra la dimensiona astratta e quella concreta. Nella ricerca di questa giovanissima artista la materia si fa spesso metafora di racconti e temi complessi come avviene in “La salagione”, dove l’elemento salino incarna i processi alimentari e, in quanto strumento di conservazione per eccellenza, rappresenta l’odierno consumismo alimentare. Guardando la realtà attraverso i lavori di quest’artista osserviamo come l’arte minimale possa assumere la forma di una resistenza culturale, soprattutto in un’epoca di crescente complessità visiva e sovraccarico di informazioni. Osservando un’opera minimalista il fruitore deve fermarsi, rallentare, contemplare per ricercare il significato della sua purezza: è obbligato a riconsiderare le proprie priorità e il suo stile di vita. È un esercizio estetico che sfugge a chi è schiavo del superfluo, in aperta opposizione all'attuale saturazione del nostro universo visuale e conseguentemente del nostro giudizio.
ENG_________
Reinterpreting the historicized conception of art, aesthetics, and perception has been the goal of minimal art, which rejects the use of traditional representation and narrative in favor of synthesis. This movement should not be trivialized as a mere celebration of austerity, basic forms, industrial materials, and neutral tones, but rather appreciated for its intrinsic qualities and its ability to simplify by removing the non-essential, allowing the necessary to speak. We grasp the essence of minimalism in the paradox of seeking the maximum expression through the minimum form, emphasizing perception and physical interaction with the artwork. It is no longer about interpreting a hidden meaning, concealed from the observer, or deciphering complex symbols, but about confronting the artistic object in its being. This thought is revealed in the direct and immediate experience, in the essence of a subject. “Minimal is not Minimal” aims to construct an aesthetic inquiry that goes beyond the severity and rigor of the minimalist movement through a series of works born from intense reflections and insights, which through a process of synthesis have been gathered into visual summaries of great conceptual impact. This collection starts by debunking a myth associated with minimal art: the absolute dominance of white. Stefano Accorsi opens the selection with “Paesaggio Mentale,” using only four colors to convey the incredible mixture of emotions and warmth felt at sunset, followed by Cristina Sammarco's “Inner sea n.2,” which similarly employs color contrasts to present dawn to the viewer, immediately soothed by the chosen tones' harmony. Similarly, Marilina Marchica entrusts a single color, yellow, with the task of evoking an indefinite, desert landscape composed of sandy waves or wind-swept dunes, achieved through paper oxidation. Mayoor also plays with color, reinterpreting a pervasive subject in art history, the icon, reduced to its minimal symbolic value. Equally ironic is “Yellow?” by GC Light Italia, which questions the viewer's awareness of their perceptions, presenting a dissonant juxtaposition between the word yellow and the monochrome depiction of the work entirely in blue. On the same line of thought are the works “Found Home,” “Way Home,” and “Plants and Minerals #8” by Gaetano Frigo, which use a series of rhombuses, quadrilaterals linked to the golden ratio, to deceive the audience's eye into believing they are observing a three-dimensional prism, thanks to the skillful use of light hitting each form differently. On the opposite front, Anna Linda Knoll portrays architectural forms and linear ornaments that, in their extreme simplicity, convey the style of the structures, exemplifying their character. This trend is also seen in photographer Paolo Calzà, characterized by a clean, often monochromatic style, who manages to capture the idea of movement by working on the concept of a line that reflects, adopting a curvilinear, ascending or descending motion to evoke different emotions. Another critical dimension of minimal art is its approach to consumption and industrial material, often using standardized productions. We thus turn our gaze to “Io peso,” a sculpture by Pia, encapsulating the fear of burdening others with one's emotions, conveyed through the actual weight of a material like lead, becoming a metaphor for the concept of heaviness and a meeting point between the abstract and the concrete. In the research of this very young artist, material often becomes a metaphor for complex narratives and themes, as in “La salagione,” where the saline element embodies food processes and, as the ultimate preservation tool, represents today's food consumerism. Observing reality through this artist's works, we see how minimal art can take the form of cultural resistance, especially in an era of increasing visual complexity and information overload. Viewing a minimalist work, the observer must stop, slow down, contemplate to seek the meaning of its purity: they are forced to reconsider their priorities and lifestyle. It is an aesthetic exercise that eludes those enslaved by the superfluous, in open opposition to the saturation of our visual universe and consequently our judgment.
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